Biografia

Allan Kaprow nasce ad Atlantic City nel 1927 ed è notoriamente riconosciuto come il padre dell’happening, una forma d’arte viva e agìta, da lui stesso definita come “assemblage di eventi che si svolgono in più di una situazione spaziale e temporale e un lavoro artistico attivato da performer e dal pubblico”. Mutuata dall’esperienza del New Dada, l’idea dell’assemblaggio, riletto in chiave metropolitana da Robert Rauschenberg e Jasper Johns, approda negli happening (accadimenti) inaugurati da Kaprow con l’intento di abolire la distanza tra fruitore e autore dell’opera e avvicinare arte e vita. L’evento che segna la nuova attitudine dell’arte si apre a New York nel 1959 con il primo happening organizzato da Kaprow nella Reuben Gallery, 18 happening in 6 parts. L’artista spedisce ad amici e conoscenti un invito con l’annuncio dei diciotto happening, chiamandoli alla collaborazione diretta per la realizzazione degli eventi, scrivendo «Come ognuna delle settantacinque persone presenti, lei sarà simultaneamente spettatore e protagonista». L’abbattimento della barriera tra artista e pubblico è l’elemento caratterizzante degli happening in cui non esiste la categoria del palcoscenico, né una logica. Palcoscenico è la vita stessa, persone, appartamenti, appezzamenti di terreno, stazioni ferroviarie o aule scolastiche, come quelle usate durante il corso di John Cage presso la New School for Social Research di New York. La dissoluzione degli schemi si avverte anche nell’uso dei materiali, provenienti dalla quotidianità (frutta, fogli di carta, fiammiferi, strumenti giocattolo, sacchi di tela) e destinati a realizzare un ambiente globale, che con i performers e il pubblico, creano un environment disordinato. Il termine environment indica un’installazione ambientale che coinvolge l’intero spazio vissuto dallo spettatore, comprensivo di tutti gli oggetti presenti, dove l’azione si svolge senza un momento iniziale e uno conclusivo, spesso ripetendosi. Kaprow realizza i primi environments negli anni sessanta. Nel 1960 allestisce a Stoccolma Stockroom, una stanza in cui scatole di cartone, giornali, cartoncini e materiali simili, sono disposti e agitati in modo da creare uno sviluppo organico e non geometrico dello spazio, che si abbandona ad una dimensione completamente alogica. Le sue azioni, anche se programmate, si aprono a piccole variazioni, introdotte dal tempo e dal pubblico, principali materiali dell’opera, che rendono l’happening spontaneo. Grande è il numero di artisti che a New York in quel periodo si dedica agli happening, da celebri esponenti del New Dada, quali Rauschenberg e Dine, a membri della Pop Art, come Oldenburg, o della Minimal Art come Morris. Kaprow realizza happenings ed environments nelle principali istituzioni americane ed europee, partecipando alle più importanti manifestazioni internazionali come la Biennale di Venezia (1993) e Documenta (1977, 1987). Fra gli environments principali si ricordano Beauty Parlor (1957/58), Apple Shrine (1960), Stockroom (1960), Yard (1961), Words (1962), Eat (1963). Molti sono stati riprodotti in musei e gallerie, in particolare Yard, realizzato per la prima volta nel 1961 a New York, alla Martha Jackson Gallery, dove l’artista riempì il cortile retrostante la galleria con centinaia di copertoni usati, invitando i visitatori a camminare, sedersi, sdraiarsi e spostare i copertoni a piacimento. In Italia, viene presentata a Napoli nel 1992 presso lo Studio Morra e nel 2003  negli spazi di Castel Sant’Elmo nell’ambito della mostra-evento “Living Theatre – Labirinti dell’immaginario”. Esplorando il concetto di arte per cui idea e processo sono più importanti dell’oggetto, già introdotto da Pollock, che della pittura sposta l’enfasi sul gesto anziché sul prodotto estetico, Kaprow diffonde una modalità di fare arte che smette di realizzare oggetti e diviene una libera indagine sulle relazioni che legano idee, gesti e mondo materiale.

Allan Kaprow, 7 Environments, Galleria Mudima, Milano, 1991 © Photo di F. Gaghetti Courtesy Fondazione Morra